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In un articolo dello scorso maggio illustravo, schematicamente, le caratteristiche e presupposti per usufruire del credito di imposta per ogni lavoratore “svantaggiato” o “molto svantaggiato” assunto in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia a tempo indeterminato, riproposto dal decreto sviluppo (decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011).
Dando un’occhiata alla rassegna stampa del Sole 24 Ore di ieri pare che, ad un anno dalla riattivazione, le risorse per far funzionare il credito d’imposta ci siano (parliamo di oltre 500 milioni di euro) ma che lo strumento stenti a decollare.
Sarebbero quelle che seguono, a parere del quotidiano economico, le ragioni per cui oltre 40.000 nuovi posti di lavoro non sono ancora stati creati nel Mezzogiorno.

Il credito d’imposta per le assunzioni nel Mezzogiorno è un tema che – fra i pochi – mette d’accordo tutti: parti sociali, politica di ogni segno e orientamento, imprese e lavoratori.
Tuttavia, lo spostamento in avanti del termine per procedere alle assunzioni e fruire dell’incentivo, a ben vedere, conserva il sapore di una buona notizia a metà. Il presupposto per l’agevolazione rimane, infatti, l’accordo da raggiungersi nella Conferenza Stato-Regioni, che disciplini termini e modalità di gestione dei fondi destinati all’incentivo.

A ottobre, la Commissione europea ha dato il benestare sull’uso dei fondi strutturali per il finanziamento dell’agevolazione, spianando la strada al riconoscimento dello stesso ai datori di lavoro localizzati nelle aree depresse del Paese.
Tuttavia, la stessa norma di istituzione del bonus prevede che l’erogazione dell’incentivo sia sottoposta a una preventiva intesa tra Stato e Regioni per fissare i limiti e le quote spettanti a ciascuna regione del Mezzogiorno.
E allora? Sembrerà strano, ma a dispetto delle sollecitazione pubbliche, a tutt’oggi il tema della distribuzione dei fondi non è mai nemmeno stato posto all’ordine del giorno della Conferenza Stato e regioni.

È bene chiarirlo: secondo la ragioneria dello Stato i fondi disponibili per alimentare l’incentivo ammonterebbero a circa 500 milioni di euro, con possibilità (anche questa è una stima) di dare impiego a più di 40mila persone.
Così, mentre mezza Italia si interroga (e litiga) su come garantire al meglio a imprese e lavoratori lo scambio sul mercato della risorsa lavoro, contemperando le esigenze delle diverse parti in causa, rischiamo di far sprofondare nel dimenticatoio uno dei pochi temi su cui si è già d’accordo.

Senza che si compiano passi avanti in tale direzione, imprese e lavoratori interessati dal provvedimento restano in una sorta di “limbo”, privi di certezze operative sull’utilizzabilità dell’agevolazione come leva all’occupazione. Insomma, mentre il medico studia la malattia, il malato muore!

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